Potenziale Mentale

19 Aprile 2020 - Ore 13:30

(Motivazione, resilienza, visualizzazione.)

 

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Questo articolo giaceva sopito nei meandri della mia mente, in attesa d’essere scritto. Non sentendomi ancora pronto per tradurlo dai pensieri, la spinta per renderlo concreto mi viene data dall’amico Nick Greppi, che in un messaggio mi scrive:

“ Giò, quell’articolo sulla resilienza che volevi realizzare… questo è il momento giusto per farlo!”. Del resto, non ha tutti i torti, visto che ci troviamo in piena pandemia per covid-19 e il nostro Paese dovrà affrontare un periodo molto difficile  durante il risveglio da questo incubo incredibilmente surreale.

Forse qualcuno di voi l’avrà notato, qui su Grip e Bend Italia spesso si scrive di cuore e stomaco, e non per aver follower o per vendere qualcosa. Dunque con Sergio Leone che suona in sottofondo, una tazza di tè fumante al mio fianco ed un inverno piovoso dietro i vetri, mi accingo a dirvi la mia su alcuni aspetti fondamentali dell’allenamento, che ritengo componenti irrinunciabili per raggiungere i propri traguardi, nella speranza di riuscire a trasmettere nel migliore dei modi il mio pensiero al riguardo.

 

“I piedi sono congelati, il vento aspira ogni stilla di calore dai muscoli e dalle giunture, e io sento che non potrò mai più riuscire a scaldarmi per il resto della  mia vita. Vorrei rimanere qui, rinchiuso nella mia tenda, ma poi quella voce mi ordina. << Vai fuori, vai fuori e provaci!>>

  1. Hempleman – Adams, Polo Nord.

 

Le parole lette, scritte da un grande esploratore e scalatore, un uomo che è sopravvissuto ai –90 °C ed ha affrontato spedizioni in Antartide in solitaria, sintetizzano al meglio i due aspetti che ritengo più affascinanti ed importanti nell’allenamento, la motivazione intrinseca e la resilienza.

Questi sono concetti che ho fatto miei grazie alla lettura di tutti i testi di Pietro Trabucchi, psicologo che si occupa di prestazione sportiva, il quale mette in evidenza l’importanza di sapersi motivare in maniera autonoma dall’interno, senza che siano fattori esterni (fallimentari nel tempo) a scaturire in noi quella scintilla che infiamma i nostri desideri prestazionali.

 

Motivazione estrinseca ed intrinseca

Nella psicologia sportiva, ma non solo, la motivazione viene scissa in due componenti essenziali, quella esterna (motivazione estrinseca) e quella interna (motivazione intrinseca). Inizialmente potrebbe sembrare superfluo dover dividere la motivazione, quando in realtà ci basta la sua presenza per dare spinta ai nostri allenamenti. Ma, a vederla da vicino ed indagando in quei processi neurali complessi ed affascinanti del nostro cervello, si hanno due tipologie di stimoli motivanti. Estrinseci quando a motivarci sarà una persona che ci incita, tipo un coach che strilla, oppure una somma gratificante di denaro, oppure il voler apparire di un determinato aspetto per piacere a qualcuno o qualcuna. Un classico esempio è chi cerca di dimagrire per apparire bello per la prova costume e magari attraente sessualmente. Qualcosa che esternamente ci carica per accrescere il nostro desiderio di riuscita.

Ben più profondo ed ancestrale è il concetto di motivazione intrinseca, perché questa ha radici più nobili, risalendo indietro nel tempo ai processi di apprendimento dell’essere umano. Nel mondo animale infatti, l’essere umano è quello che dedica più tempo alla crescita del proprio encefalo, rispetto agli altri mammiferi, sviluppandolo lentamente e sottoponendolo ad infiniti stimoli che possano accrescere le reti neurali. Meccanismo chiave di questo processo è la motivazione intrinseca, insita nel nostro DNA e che ci impone di esplorare, toccare, osservare, interagire e tutte quelle forme di apprendimento che ci porteranno ad un livello successivo!

Motivazione Obbiettivi
Intrinseca Fai l’attività perché è internamente gratificante. Puoi farlo perché è divertente, piacevole e soddisfacente. Gli obiettivi provengono dall’interno e i risultati soddisfano i tuoi bisogni psicologici di base di autonomia, competenza e relazione.
Estrinseca Fai l’attività al fine di ottenere in cambio una ricompensa esterna. Gli obiettivi sono focalizzati su un risultato e non soddisfano i tuoi bisogni psicologici di base. Gli obiettivi implicano guadagni esterni, come denaro, fama, potere o evitare conseguenze.

 

Questo processo è alla base di svolte evoluzionali importanti, perché ha permesso ad esploratori come Colombo o Magellano di lanciarsi in sfide audaci e pericolose per quell’indole interna di cui alcuni soggetti sono più ricchi rispetto ad altri.

Se oggi uno scalatore viene spesso additato come irresponsabile, perché rischia la vita per salire su di una montagna, nella storia dell’essere umano personalità fortemente motivate come quelle di uno scalatore hanno fatto la differenza a livello evolutivo, permettendoci di scoprire nuove terre, nuove piante, nuovi animali, nuovi territori.

La resilienza

“La resilienza è la capacità di persistere, di far durare la motivazione nonostante gli ostacoli e le difficoltà. Il termine resilienza proviene dalla metallurgia: indica, nella tecnologia dei metalli, la resistenza a rottura dinamica ricavata da una prova d’urto. In questo campo, la resilienza rappresenta il contrario della fragilità.”
– P.Trabucchi

 

Della resilienza ultimamente se ne sente parlare anche troppo in giro. Siamo pieni di motivatori provenienti dalla scuola di Anthony Robbins, che cercano di portarci l’ottimismo anche quando suona la sveglia la mattina, sapendone ben poco di cosa sia la resilienza, quella vera. Quest’ultima infatti in questo periodo storico e in questa nostra generazione è una capacità che viene sempre meno e di cui in realtà ce ne sarebbe gran bisogno! Resiliente è colui che riesce a persistere ed andare avanti, nonostante le condizioni circostanti propendano per l’arrendersi.  Resiliente è colui che mantiene un atteggiamento positivo in un contesto sfiducioso.

Resiliente lo è stato sicuramente Nelson Mandela, per aver trascorso 27 anni in prigione come innocente e, nonostante ciò, si sia laureato il legge accrescendo il suo sapere.

Resiliente lo è stato il compianto Andriy Pushkar, grande atleta di Armwrestling, che per anni ha costruito la sua reputazione, incassando anche dure sconfitte per poi arrivare,  con dedizione e determinazione,  ad essere uno tra i più forti di sempre nel suo sport.

Resiliente lo è stato senza dubbio Alex Zanardi, che risvegliatosi nel letto d’ospedale dopo il suo gravissimo incidente pensò: “Quando mi sono risvegliato senza gambe ho guardato la metà che era rimasta, non la metà che era andata persa.

 

Le storie di questi uomini ci insegnano quanto una mente determinata possa incidere sul proprio destino. A tal proposito, recentemente, sono rimasto letteralmente stupefatto durante le visione di uno splendido documentario, The Dawn Wall, che narra della scalata di una roccia verticale alta 900 metri chiamata El Capitan da parte dell’alpinista Tommy Caldwell al Parco Nazionale dello Yosemite, USA.

Un impresa che era ritenuta impossibile da tutti gli scalatori. Per riuscire in tale impresa Caldwell si è allenato duramente ed ha studiato quella parete centimetro per centimetro, per sei lunghi anni! Ditemi se questa non è la rappresentazione vivente della resilienza!

La seconda legge della dinamica modificata

Solitamente quando parliamo di forza nel campo dell’allenamento molti tirano prontamente fuori la seconda legge della dinamica, cioè F = m a, dove m sta per massa ed a sta per accelerazione. Indubbiamente vero nel campo  della fisica ed applicabile sulla dinamica di un bilanciere in movimento. Ma quando parliamo di Grip Sport e soprattutto in aspetti più estremi come il bending o l’Oldtime Strongman, questa formula andrebbe integrata con le due componenti delle quali parlavo poc’anzi, motivazione intrinseca, che chiamerò Mi e resilienza, rappresentata con la lettera R. Dunque la formula di Newton si trasformerebbe in questo modo:

Ovviamente la mia rappresentazione in formula non ha riscontri matematici, ma vuole essere solo una simpatica e bizzarra rappresentazione di un concetto più complesso, di quello che spesso tendiamo a semplificare come una formula applicabile con due varianti in gioco.

Per intenderci, piegare una barra in acciaio al limite delle proprie possibilità, obbligherà chi compie questa azione ad utilizzare oltre che massa ed accelerazione, (dando per scontato una tecnica impeccabile), anche una forte componente di motivazione intrinseca e resilienza. Il risultato di questa sommatoria porterà a deformare la barra. Se uno di questi componenti viene a mancare, la barra vincerà restando dritta com’era, oppure deformandosi di pochi gradi.

Proprio come in una formula, ogni fattore gioca il suo ruolo fondamentale!

Ho realizzato questo diagramma per schematizzare sinteticamente i percorsi per raggiungere un obbiettivo. Grazie a mia moglie per aver ordinato i miei casini mentali! Ahahah!

 

Dosi di motivazione estrinseca

Diverse volte sono stato diretto testimone dell’influenza dovuta a componente motivazionale estrinseca, perché chi eseguiva il gesto atletico era motivato dalla mia presenza e dalla necessità di non apparire debole ai miei occhi.

Vi faccio un paio di esempi reali e testimoniabili da parte delle persone che citerò, entrambi fratelli del GBI.

Primo esempio tale Alfredo Florimonte che, armato di pazienza e volontà, affronta i 250 km che ci separano, per conoscermi di persona e poter visitare la mia “Caverna”, qualche anno fa. Alfredo era fermo con i progressi nel bending e non era mai riuscito a piegare una barra GBI da 100 kg. Lo convinsi a provarla e lo spronai dicendo che ero completamente sicuro che ci sarebbe riuscito. Lui prese la barra, respirò a fondo, strinse forte i pads e annientò la barra in pochi secondi! Era sgomento ed evidentemente sorpreso della propria performance. Il sentirsi in dovere di piegare davanti la mia presenza, unito alla paura di non sentirsi all’altezza, convogliò in Alfredo, forza, motivazione (estrinseca) e resilienza che in pochi secondi gli valsero un nuovo record personale di grande soddisfazione.

Il secondo aneddoto si riferisce a Nico Oliveto, che sotto i miei occhi riuscì a strappare per la prima volta un pacco di carte Bicycle in pochi minuti. Carte per le quali serve esperienza e dedizione per strapparle. Ma la sua forte componente di motivazione intrinseca, in aggiunta alla mia (estrinseca) e combinate con forza e resilienza hanno portato Nico a compiere quel gesto d’alto livello. Anch’egli sorpreso del suo inatteso risultato, guardava le carte con grande ammirazione e visibile gioia.

Questi sono chiari esempi di quanto possa mutare il rendimento un innalzato valore motivazionale.

Atleta di Forza o Marzialista?

Talvolta quando mi confronto con qualcuno al riguardo della forza applicata nel nostro sport, trovo naturale fare una similitudine con le Arti Marziali, più che con qualsiasi altro settore sportivo. Istintivamente guardare una persona che piega una barra di ferro o che stringe un gripper, farà subito pensare a qualcuno forte muscolarmente. Ma, in realtà, oltre i muscoli che si accorciano, i tendini che vanno in tensione e la capacità di reclutamento delle unità motorie, ci sono due componenti aggiuntive che i marzialisti conoscono molto bene:

la motivazione intrinseca e la resilienza.

Chi di noi non ha visto il gesto in TV di qualche campione d’arti marziali che con un sol colpo spacca spesse tavole di legno, lastre di ghiaccio o mattoni?

Bene, queste persone per compiere prove di tale spettacolarità, oltre alla capacità fisica di esplicare grande forza in breve tempo, attingono a fonti mentali in grado di produrre un alto livello di motivazione intrinseca e resilienza. La motivazione permetterà di alzare tantissimo la capacità di concentrazione e la sensazione di sicurezza interiore, mentre l’essere resilienti permetterà di accettare di buon grado il dolore che verrà assorbito dal corpo attraverso l’urto. Tutti questi fattori concorreranno alla riuscita della prova. Un tentennamento nella motivazione, o un timore nei confronti del possibile dolore condurrà l’esito verso l’errore certo.

Ecco, le stesse condizioni possiamo trovarle in una prova di bending oppure nell’Old Time Strongman, proprio come spiegato nel paragrafo precedente.

Affrontare una barra molto dura, strappare un mazzo di carte di qualità, spezzare una chiave inglese, richiede di poter attingere a questa grande capacità mentale. Ovviamente queste sono condizioni che possiamo trovare anche in altri sport di forza, ma personalmente credo che il nostro sport strizzi l’occhio più alle Arti Marziali, per le affinità legate alla componente mentale ed alle sue grandi risorse, nonché alla grande connessione che si instaura tra mano e cervello.

 

Il potere della visualizzazione e del focus

Uno spazio all’interno di questo articolo lo merita senza alcun dubbio anche il potere della visualizzazione. Tutti ne abbiamo sentito parlare, e non solo nel campo dell’allenamento. Ma, suppongo, che molta gente sia convinta si tratti di sciocchezze o aspetti che contano ben poco nell’allenamento di tutti i giorni.

Un paio di aneddoti storici potrebbero incuriosirvi a tal proposito…

Nel libro Peak Performance di Charls Garfield (ex-ricercatore della NASA e professore presso l’Università della California Medical School di San Francisco) viene citato uno studio molto interessante, riguardante la preparazione degli atleti russi alle Olimpiadi di Lake Placid nel 1980. In tale occasione presero quattro gruppi di atleti e li divisero con quattro differenti approcci all’allenamento:

 

  • Primo gruppo esclusivamente allenamento fisico (100%);
  • Secondo gruppo il 75% di allenamento fisico e 25% di allenamento mentale;
  • Terzo gruppo il 50% di allenamento fisico e 50% di allenamento mentale;
  • Quarto gruppo il 25% di allenamento fisico e 75% di allenamento mentale;

 

Quale di questi gruppi ebbe il miglior impatto sulla prestazione sportiva? Che ci crediate oppure no, il quarto gruppo, per la sorpresa di tutti, diede i migliori risultati!

Anche se non ricco di informazioni e con diversi dubbi, fu comunque un approccio che ebbe un certo effetto e che fece riflettere sull’importanza del lavoro mentale in preparazione ad una competizione.

Nel 1992 invece uno studio più sperimentale vide 78 atleti tuffatori, alcuni dei quali erano esperti e altri novizi. Furono divisi in gruppi sperimentali e di controllo, e questo era uno studio cieco, quindi chi studiava non era a conoscenza dell’identità di chi fosse all’interno dei gruppi. I partecipanti furono testati sulle capacità di visualizzazione e classificati come visualizzatori alti o bassi ( in base a qualità differenti di visualizzazione). Entrambi i gruppi furono testati su tre abilità per un periodo di sei settimane.

 

La pratica eseguita fu la seguente:

2,5 minuti di pratica fisica sulle abilità

5 minuti di immagini mentali per il gruppo sperimentale

5 minuti di problemi astratti come matematica o puzzle per il gruppo di controllo

2,5 minuti di pratica fisica sulle abilità

 

Alla fine, è stata riscontrata una differenza significativa nelle prestazioni per entrambi i gruppi, visualizzatori alti e bassi, ma i più significativi risultati sono stati ottenuti da i visualizzatori alti. Questo ha dimostrato sperimentalmente che i vantaggi sono tangibili sia per chi è novizio o esperto, ma anche che il tipo di allenamento di visualizzazione (ossia la qualità del lavoro di visualizzazione) influiva sensibilmente sul risultato ottenuto.

Alla luce di questi aspetti scientifici ci viene più facile comprendere gli atleti d’alto livello, i quali delle volte sembrano davvero distaccarsi dalla realtà ed essere immersi in un altro mondo prima della prestazione. Difatti, focus mentale e visualizzazione continua portano la mente dello sportivo in uno stato meditativo che preparerà il fisico a compiere il gesto previsto nella maniera più convinta e perfetta possibile.

Riportando questi aspetti ai nostri allenamenti, dovremmo vivere ogni sollevamento o prova al nostro limite come fosse un Olimpiade. In quei momenti non deve esserci spazio per l’esitazione, per la demotivazione, ma solo la convinzione di potercela fare… anzi, di dovercela fare! La mente ha un potenziale che troppo spesso sottovalutiamo. Le imprese più estreme ed eroiche sono state compiute da chi in mente aveva già ben chiaro il suo obbiettivo.

Il falso mito della genetica

Siamo cresciuti nel mito della genetica. Ci hanno sempre detto che si nasce per qualcosa e se non abbiamo certe carte fortunate possiamo scordarci i numeri per arrivare in alto. Certo, non sono qui per dirvi che un corridore Keniano non abbia la genetica migliore per correre rispetto ad un Islandese, o che una mano gigante non sia più vantaggiosa rispetto ad una mano più piccola nel Grip Sport. Ma se inizialmente questo vantaggio sembra evidente, chi può dirci che il tizio dalla mano più piccola non abbia una capacità di reclutamento migliore dei muscoli? O una capacità di resilienza maggiore rispetto alla mano più grande? La genetica può dare dei vantaggi senza dubbio, ma ricordate che la volontà e la dedizione sono armi incredibilmente potenti e talvolta possono colmare i limiti genetici!

Tra il finire degli anni 80 e inizio degli anni 90 ci fu un ragazzo di origini afro-americane, cresciuto nel Texas e appassionato di basket, che pur crescendo in un contesto di povertà e di vita dura da ghetto, portò avanti con determinazione il suo sogno, quello di poter giocare in una importante squadra di basket. Gli anni trascorsero e il sognatore di nome Spud Webb entrò in una squadra NBA e vinse persino una gara delle schiacciate! Sapete qual è la cosa sorprendente? E che Webb era “alto” solamente 168 cm! Pur sembrando un pupo tra i giganti dell’NBA Spud Webb mostrò uno spettacolo mai visto durante quella gara… eppure la sua genetica remava in senso contrario! Evidentemente era dotato di grande motivazione interiore, la quale riversò con tutto se stesso nell’esplosività che le sue gambe potevano esprimere!

Un’altra storia che mi piace molto è quella di Chris Schoeck, veterano di guerra, un uomo dalla genetica normale (170 cm x 70 kg) che soffrendo di problemi legati all’alcool ha trovato nello sport il modo per riprendere il controllo del suo corpo e della sua mente. Chris si è appassionato all’Oldtime Strongman ed ha immerso tutto se stesso nel piegare acciaio, con risultati inimmaginabili per un uomo leggero e longilineo. Sulla sua storia, fatta di determinazione e dedizione, è stato girato anche un film molto bello nel 2013, Bending Steel. Nel film Chris racconta quanto duramente abbia lavorato per piegare una barra che inizialmente sembrava impossibile per la sua genetica, ma che ha dovuto conquistare con sudore e costanza, sotto la supervisione di un grande Chris Rider come mentore. In una dichiarazione al sito di informazione Desert News, Chris ha dichiarato in un intervista:

“Piegare l’acciaio richiede la massima incarnazione della concentrazione, ed è quasi terapeutico. Piegare mi dà un senso di autostima molto personale che non è nemmeno paragonabile al senso di euforia indotta dall’alcool”

Lo sport è pieno di storie incredibili e molte volte a vincere sulla genetica è stata la determinazione, la voglia di ambire portata al limite e la visualizzazione prennemente a lavoro nella testa degli atleti vincenti, resilienti, sognatori.

In ogni allenamento che affrontate non dimenticate del potenziale che avete nella testa ed usatelo per conquistare passo dopo passo l’obbiettivo che vi siete prefissati.

 

Nella speranza che questo scritto sia stato di vostro gradimento, mi congedo salutando tutti quelli che seguono Grip e Bend Italia con questo aforisma:

“Gli ostacoli non mi fermano. Ogni ostacolo si sottomette alla rigida determinazione. Chi guarda fisso verso le stelle non cambia idea”
Leonardo Da Vinci

 

                                                                                              Giorgio Giannico

 

Bibliografia:

https://it.wikipedia.org/wiki/Motivazione_(psicologia)

https://www.audiation-rivista.it/images/articoli/2/02_10_18.pdf

https://www.healthline.com/health/intrinsic-motivation

https://www.ncbi.nlm.nih.gov/pubmed/28392765

https://it.wikipedia.org/wiki/Resilienza_(psicologia)

https://it.wikipedia.org/wiki/The_Dawn_Wall

Pietro Trabucchi, Perseverare è umano, Corbaccio, 2010

Pietro Trabucchi, Resisto dunque sono, Corbaccio, 2007

https://breakingmuscle.com/fitness/the-history-science-and-how-to-of-visualization

https://breakingmuscle.com/fitness/science-says-visualization-improves-strength-training

site journals

https://www.deseret.com/2015/11/10/20576442/veteran-strongman-change-mindsets-to-cope-with-mental-illness

 

 

 

 

 

 

 

5 based on 3 reviews
  • Un grande grazie a Giorgio per questo articolo magistrale che aspettavo da molto, molto tempo e che spero sia di piacevole lettura e ispirazione per molti in questo periodo.
    Nel grip sport mi sono finalmente ritrovato in questi concetti, quanto la resilienza, il trarre energia mentale dalle motivazioni intrinseche e il perseverare verso la meta nonostante i fallimenti possa portare a risultati che inizialmente non erano nemmeno lontanemente pensabili. Meriterebbe un ampio spazio di discussione questo articolo, propongo quindi a chiunque abbia domande di esporle qui, sono sicuro ne uscirebbe qualcosa di molto interessante.

  • Gran bell’ articolo Giorgio, concettualmente valido e di immediato apprendimento. Però non sono d’accordo su alcuni punti e su alcuni esempi per essere onesto. Resta li fatto che dopo aver letto questo questo scritto non ci sono più scusanti per non provarci! Grazie Giorgio per questo contributo.

  • Niente da dire…. gran bell’articolo.

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