Parto dal presupposto che nel settore bending mi reputo ancora un neofita.
Mi sono approcciato a questa meravigliosa disciplina qualche anno fa, senza sapere neppure cosa fosse così, per istinto. La reputavo semplicemente una prova di forza che eseguivo in qualche manifestazione sportiva o esibizione.
Non ho mai seguito un programma di allenamento specifico fino a qualche mese fa quando ho “riscoperto” il gusto di piegare il ferro.
Ripeto, non mi ritengo assolutamente un esperto nel settore, ma lo sono da anni nel campo dell’allenamento con i pesi per quello che riguarda la pesistica olimpica come tecnico FIPE lavorando da tempo ormai a fianco di uno dei più grandi nomi del weightlifting Italiano, prima come atleta e poi come allenatore, Anselmo Silvino, medaglia di bronzo a Monaco nel 72.
Il campo della forza è la mia grande passione, dai lanci al sollevamento pesi, dallo strongman al bending, tutte discipline che ho vissuto in primis praticandole e poi come tecnico.
Con queste righe, alla luce della mia esperienza personale nel mondo del bending e delle conoscenze che ho acquisito riguardanti l’incremento della performance, mi piacerebbe aiutare gli appassionati ad avere un idea più chiara su come muoversi per quanto riguarda l’allenamento specifico.
Vorrei concentrarmi maggiormente sul nocciolo della questione, ossia piegare barre tralasciando quello che è il lavoro preparatorio e accessorio che molti appassionati sono sicuro conoscono bene.
Risulterà banale scrivere quanto la tecnica in questo tipo di prova sia fondamentale, e quando si tratta di padroneggiare il movimento nel migliore dei modi, per riuscirci è necessario ripeterlo in maniera ottimale e con intensità media il maggior numero di volte possibile, la parola chiave quindi è VOLUME.
Questa affermazione portà ad alcuni sembrare azzardata, ma la pesistica ha molto in comune con la pratica del bending, essere esplosivi ci permette di sfruttare al meglio quel meraviglioso momento in cui il metallo si sfibra e cede, se si riesce ad imprimere nuovamente forza nel più breve tempo possibile da quell’istante, a parità di resistenza del materiale e potenza esercitata la difficoltà sarà minore.
Allora come programmare un allenamento????
Tenendo conto delle individualità, del tipo di attività lavorativa e sportiva che pratichiamo bisognerebbe prima decidere quante volte a settimana affrontare una seduta di bending.
Su questo punto proprio per l’infinità di variabili mi risulta impossibile determinare quanti allenamenti dedicare alle amate barre.
Teniamo conto del notevole stress a cui i polsi i muscoli degli avambracci e rotatori delle spalle sono sottoposti, e del massiccio intervento del sistema nervoso.
Sicuramente non farei bending il giorno prima di una seduta pesante di bench press se sono un panchista o di un match importante di judo, prima di lanciare e cosi via, se la nostra priorità è invece il bending, fanculo facciamolo e basta! Questo non solo perché piegare potrebbe precludere una buona prestazione in altro campo se non si ha il tempo di recuperare, ma soprattutto perché il lavoro a carico delle suddette aree potrebbe cumularsi e causare infortuni o fastidi. Consideriamo allora, come per qualsiasi altro protocollo di allenamento, la nostra effettiva capacità di recupero e le priorità che abbiamo.
Generalmente un paio di sedute sarebbero l’ ideale, una con pads regolamentari che quindi ci diano modo di allenare anche la tolleranza al dolore, facendo volume e lavorando in maniera esplosiva con materiale che ci impegni ma ci lasci margine consentendo di piegare in maniera dinamica e correggere eventuali errori di esecuzione. Nella seconda seduta lavorerei con pads doppi o spessi con barre più impegnative, cosi da concentrarci su tensioni maggiori senza la noia di dover sopportare il dolore alle mani.
Ovviamente per caratteristiche dovute a preponderanze muscolari e fisiche ognuno di noi dovrà scontrarsi presto col suo punto debole e gioire di quello di forza.
Io ad esempio trovo molto piu semplice la fase di kink, e c è un angolo particolare nel crushing che mi crea difficoltà.
Per sopperire al problema non ho fatto altro che applicare il metodo delle contrazioni isometriche proprio in quel punto specifico. Ho piegato una barra da 12 mm x 150mm di lunghezza (non a mano, magari riuscirci) e dopo ogni seduta faccio delle serie di 4” / 6” di contrazione massima per 4/6 set. Devo dire che per me e per alcuni ragazzi che seguo amanti della disciplina il metodo ha funzionato benissimo, colmando cosi la lacuna e permettendo via via di passare a barre piu dure. Sicuramente sempre in maniera programmata bisogna anche spingere sull’ intensità, ma in modo del tutto similare ad un allenamento di pesistica, powerlifting ecc… A meno che non abbiamo una gara o una certificazione per la quale si renda necessario spremersi è consigliabile concentrarsi a parità di intensità sull’ incremento del volume.
Chi piega ferro sa benissimo, con piccole differenze dovute al grado di preparazione, che quando si affronta un bending impegnativo lo si può fare con non più di 3 o 4 barre, quindi il volume ideale sarebbe riuscire a chiuderne una diecina, per fare un parallelismo con il mondo dei pesi indicativamente lo sforzo allenante ideale dovrebbe corrispondere a un 80% della forza massima esercitabile.
Certamente sarà una percentuale empirica, ma bene o male ognuno di noi ha buona conoscenza delle proprie capacità per poter fare un calcolo attendibile.
10 barre sono comunque un numero abbastanza elevato ed impegnativo, quindi per condizionarci senza stressare troppo l’organismo si potrebbe partire con 4/5 e via via aumentarle in maniera graduale secondo i nostri mezzi, una volta raggiunta la quota prefissata (10 è è un numero attendibilmente valido) possiamo avanzare di grado.
Spesso e questo lo riconduco alla mia esperienza di preparatore, utilizzo nei miei programmi dei ramping di 5 x 5 /6 x 6 ecc, nei quali a prescindere dalla percentuale calcolata per la seduta faccio incrementare o diminuire di un 6/7 % il carico a seconda dello stato in cui osservando le esecuzioni mi rendo conto l’atleta si trova. Lo stesso possiamo fare con il bending, se il numero di barre per quel giorno è di 7 da 100 kg e mi rendo conto di stare molto bene ne faccio magari 8, o ne faccio 6 e una da 105. Lo stesso invece se mi accorgo di non essere in giornata, ne piegherò 5 da 100 oppure lascerò invariato il volume e utilizzerò quelle da 90 95 kg.
Come per tutte le preparazioni che seguo e faccio seguire, sono convinto che la percentuale non debba essere un tassativo, ma che il preparatore osservando attentamente gli atleti valuti e se sia il caso di spingere leggermente sull’ acceleratore o frenare un pochino. Non siamo macchine e spesso anche con una buona programmazione le giornate no capitano, non bisogna assolutamente farsi scoraggiare o saltare l’allenamento, fare qualcosa in meno è sempre meglio che non fare nulla. Spesso proprio nelle giornate negative un pochino più leggere ci accorgiamo degli errori e troviamo vie più adatte a noi, perché magari ci manca quella foga e voglia di spaccare che sicuramente altera la nostra oggettività.
Le mie sono considerazioni basate sull’ esperienza personale e su quella fatta con il campione di persone appassionate a mia disposizione, ma anche frutto di chiacchiere e confronti fatti insieme ad amici che praticano questa disciplina all’estero. Soprattutto mi sono reso conto dell’affinità che il bending come dinamica ha con altri sport di forza, quindi ovviamente con adattamenti necessari, applicare un metodo preparatorio prendendo spunto da quello del pl/wl e cosi via a mio avviso è consigliabile.
Spero i miei consigli possano essere utili o dare spunto a qualcuno di voi per la programmazione dei suoi bending futuri.
Angelo Di Filippo
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